a cura di Scenari Immobiliari
Innanzitutto, c’è stata una crescita continua della popolazione italiana, anche se il tasso di variazione è progressivamente diminuito. La crescita naturale è divenuta negativa nel decennio 1986-1995 (-0,3 per mille); la flessione si è accentuata nel nuovo millennio (-0,8 per mille tra il 2006 e il 2015). Da Paese di emigrazione l’Italia si è trasformata in un Paese di immigrazione. È per effetto del saldo migratorio che la popolazione è significativamente tornata a crescere nel primo decennio del nuovo millennio. Al pri-mo gennaio 2016 i residenti in Italia erano 60,7 milioni, contro i 56,8 milioni del 1993, con quasi 5 milioni di “nuovi italiani”.
Nel corso del tempo i posti di lavoro sono calati e divenuti meno stabili. Tra il 1993 e il 2007, la quota di lavoratori dipendenti di età compresa tra i 15 e i 34 anni con contratto di lavoro temporaneo è salita dal 9,5 al 22,9 per cento; è ancora cresciuta negli anni più recenti. L’indice di disoccupazione, infatti, è con-siderato inversamente proporzionale a quelli che regolano il mercato immobiliare, prezzi e compraven-dite, che tendono ad aumentare quando il livello occupazionale nel Paese cresce, e viceversa. Nel 1993 questo indice era del 9,3 per cento ed è cresciuto dell’17,5 per cento in 25 anni, attraversando anche fasi peggiori ed influenzando negativamente il mercato immobiliare.
Il Pil nazionale ha avuto una crescita tra il 1993 e il 2017 del 18 per cento, passando da 1340,7 miliardi di euro a 1581,5 miliardi, a fronte della crescita delle attività produttive del Paese, soprattutto nella fase tra il 2000 e il 2007. Dopo la crisi del 2008, solo da un anno a questa parte l’andamento economico dell’Ita-lia sembra essersi stabilizzato, tornando a registrare una crescita dei consumi e dell’occupazione.
Dal punto di vista immobiliare, i prezzi reali mostrano una curva in salita fino al 1992, mentre dal 1993 cominciano a scendere fino al 1998, quando si attestano a una media nazionale di 1.588 euro al metro quadro, contro i 2.149 euro al metro quadro del 1992. Le compravendite, invece, iniziano ad aumentare dopo alcuni anni di stabilità, prima in maniera modesta tra il ’96 e il ’99, poi in modo sempre crescente nel nuovo millennio.
Il calo dei prezzi che si verifica nel 2008 è stato causato principalmente dal crollo del mercato immobi-liare degli Usa e dal fallimento delle saving banks, che hanno affossato i mercati europei, non ultimo quello italiano. In questo frangente critico si è quasi arrivati a toccare i livelli raggiunti durante il prece-dente periodo di decremento.
A partire dal 1993 si possono distinguere quattro grandi fasi del mercato residenziale per i prezzi medi reali:
• Fase di contrazione: 1993-1999 (meno 19,2 per cento)
• Fase di crescita: 2000- 2007 (più 32,6 per cento)
• Fase di contrazione: 2008-2015 (meno 24,1 per cento)
• Fase di crescita: dal 2017 in poi
I prezzi medi reali in Italia continuano ancora il calo, ma ad una velocità decisamente frenata. Nel 2016 la variazione annuale dei prezzi medi nominali si attesta allo 0,5 per cento in meno dal 2015, meno 1,2 rispetto al 2000 in termini reali. Nel 2017 invece si stima una lieve ripresa (tra lo 0,3 e lo 0,8 per cento rispetto al 2016).
Roma e Milano, dimostrano che anche in tempi di recessione le eccellenze rimangono incontrastate. A partire dal 1990 le due più grandi metropoli italiane, capitali della politica, Roma, e della finanza, Mila-no, registrano un andamento dei prezzi nettamente superiore alla media italiana. Infatti, la fase di con-trazione dei prezzi in queste città si è arrestata nel 2015, anticipando la tendenza che il mercato ha im-boccando solo negli ultimi mesi del 2016.
Nel 2017 i prezzi medi nominali sono in aumento del 48,4 per cento a Roma dal 1993 e del 43,5 per cento a Milano nel semicentro, mentre la media italiana si attesta sul 37 per cento in più dal 1993. Le curve di andamento di Roma e Milano seguono quella nazionale, ma a dieci punti di distanza circa in media: la guardano dall’alto.
Anche per ciò che riguarda i prezzi reali le due città italiane mostrano di tenere un andamento migliore di quello italiano. Solo il centro di Milano vede un aumento del nove per cento rispetto a 25 anni fa, ma il suo semicentro, così come quello romano, mostrano un calo dei prezzi medi reali dell’otto e dell’un-dici per cento rispettivamente.
Il mercato residenziale italiano tra il 1993 e il 2017*
Il flusso di transazioni più importante del secolo inizia proprio quando i prezzi tendono a risalire nel 2000, e prosegue per sette anni, toccando anche le 900mila compravendite nel 2003, fino all’avanzare della crisi economico-finanziaria nel 2010. In questi otto anni la dinamicità del mercato si aggira attorno ai trenta punti percentuali, segnando i valori più alti finora rilevati in Italia. Nel 1993 il volume delle tran-sazioni registrato fu di 502mila compravendite, l’undici per cento in meno delle 560mila previste per il 2017. In quell’anno si registrava che la maggioranza degli acquisti di abitazioni era rivolta a fornire un tetto ai propri figli e solo dopo veniva la spesa per la prima casa, mentre ora l’equazione si inverte.
I primi anni del nuovo millennio si mostrano promettenti: crescita del prodotto mondiale elevata e sta-bile guidata dalle economie emergenti, e al contempo bassa inflazione, sviluppo della finanza in condi-zioni di abbondante liquidità, con bassi tassi d’interesse; un’ampia e crescente disponibilità di credito e, di conseguenza, riduzione del costo dei mutui. Anche il mercato immobiliare registra una rapida scalata verso la vetta, con prezzi reali in aumento. E in ultimo, cresce notevolmente il numero di agenti immo-biliari, che tra il 1993 e il 2017 aumenta del 127,3 per cento.
Il periodo di discesa si è aperto con la crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti e ha portato, come con-seguenza, un generale affossamento dei mercati europei. In un tale scenario non poteva che aumenta-re la disoccupazione, provocando una contrazione dei redditi e un blocco degli investimenti, che ha generato la recessione del mercato delle abitazioni. Si puntualizza che tale sconvolgimento finanziario ha avuto conseguenze più gravi in Italia, mentre l’Europa, e ancor più gli Usa, sono stati in grado di su-perarla più rapidamente.
A partire dal 1993, il valore più basso in termini di compravendite è stato registrato nel 2013, quando se ne contarono appena 410mila. I prezzi continuano il calo ancora oggi, ma ad una velocità decisamente frenata. Solo in tempi recentissimi si può affermare di notare una ripartenza del mercato, dato che i prezzi hanno da poco fermato la loro discesa e le compravendite sono tornate ad aumentare. È alle porte un nuovo ciclo e una nuova fase di espansione, anche se più light di quelle precedenti. Un incre-mento più deciso si è visto nel corso del 2016, e le stime per il 2017 sono di ulteriore incremento, con 560mila compravendite attese per la fine dell’anno.
L’aumento dei prezzi reali delle abitazioni è legato alle pressioni demografiche e ai fenomeni di urba-nizzazione avvenuti in un territorio limitato e sottoposto a vincoli via via più stringenti. Il sorgere di abi-tazioni in aree periferiche, meno pregiate e più lontane dai centri e dalle risorse lì disponibili, ha innal-zato la richiesta (e dunque il valore) delle abitazioni preesistenti costruite nelle aree centrali, facendo emergere significativi capital gains. Questo aumento genera problemi di disuguaglianza: rende più diffi-cile acquistare un’abitazione per chi non ne possiede, come per esempio i giovani. Tuttavia l’elevata diffusione del possesso di abitazioni in Italia ridimensiona i rischi di insostenibilità delle tensioni sociali evocati dalla crescita del rapporto tra ricchezza e reddito. In un Paese in cui la proprietà della casa è tanto diffusa, l’aumento del prezzo delle abitazioni tende ad avere l’effetto di livellare le disuguaglianze di censo. Ciò che si aggrava è il problema abitativo di chi non possiede una casa e ambisce ad acqui-starne una, un problema che riguarda oggi meno del venti per cento della popolazione, di cui soprat-tutto i giovani di età compresa tra i 20 e i 34 anni, questione centrale in Italia. I Millennials rappresenta-no il 16,4 per cento dei cittadini italiani, la percentuale più bassa tra i Paesi dell’Unione europea. La fo-tografia attuale della popolazione nazionale mostra un Paese invecchiato. L’Italia è dagli anni settanta del secolo scorso una delle nazioni con il più alto tasso di proprietari di immobili. Il mito del mattone stenta ad essere dimenticato e molte famiglie sono disposte ad attingere ai propri risparmi per poter permettere ai figli di acquistare una casa: una sicurezza indiscussa. Riuscire a comprare una casa è il sogno di tutti i giovani, anche se attualmente poco realizzabile.
Le quotazioni del settore terziario/uffici mostrano un incremento, in misura ridotta a livello nazionale, e in modo più consistente nelle top location di Roma e Milano, con particolare attenzione ai business district. Rispetto al 1993 i metri quadri scambiati mostrano una contrazione del 3,8 per cento, mentre i prezzi nominali salgono del 6,9 per cento in Italia, del 25 per cento a Roma e del 40 per cento circa a Milano nelle zone semicentrali, dove i prezzi medi nominali passano da 2.550 euro al metro quadro a 3.550 euro al metro quadro. Considerando il valore dei prezzi al netto dell’inflazione, è sempre Milano a reggere meglio, con il 13 per cento in meno rispetto al ’93, mentre la capitale perde il 22 per cento e l’Italia il 35 per cento.
Negli ultimi anni sono nati anche mercati immobiliari nuovi. I fondi immobiliari, insieme a Siiq e società quotate, hanno un patrimonio immobiliare di circa sessanta miliardi di euro, in cui i fondi riservati resta-no preponderanti con l’82,1 per cento del totale. In linea con quanto accade negli altri Paesi europei, il settore dei fondi immobiliari conferma la ripresa dei mercati immobiliari e ne rappresenta un motore importante. Al momento si contano rendimenti interessanti, soprattutto da locazioni commerciali e di uffici: sono ritorni molto competitivi rispetto a quello che si può ottenere oggi nel mondo obbligaziona-rio, grazie anche ai tassi molto bassi. Venticinque anni fa il mercato immobiliare rappresentava meno dell’uno per cento del mercato azionario italiano e non c’erano i fondi.
Chi possiede grandi patrimoni punta a strumenti alternativi che diano una buona redditività: l’investi-mento nell’immobiliare è per questa categoria di investitori un prodotto finanziario con grandi poten-zialità. In particolare si è realizzato ciò che un quarto di secolo fa era solo un’intuizione. Si punta oggi a mercati alternativi come quello delle Rsa e dello student housing. Già nel 1993 il 63,3 per cento degli anziani dichiarava di voler vivere in una residenza sanitaria, oggi in Italia si contano 320mila posti letto nel settore per un miliardo di valore complessivo degli investimenti, ovvero 1,9 per cento degli investi-menti in immobili. Il settore delle residenze per studenti ha fatto passi avanti, ma è sempre ridotta, oggi come allora (15 per cento su 400mila studenti fuori sede), la percentuale di fuori sede che può sfruttare questo tipo di servizio.
Sulla scia dei fondi immobiliari si registra un aumento d’interesse degli investitori mondiali per l’Italia (inesistenti nel 1993), favorita da rendimenti competitivi e da un’economia in sviluppo. Anche il mercato delle sofferenze è un elemento nuovo rispetto al 1993, sviluppatosi negli ultimi anni, dopo la grande crisi del 2008, e che conta 198miliardi di euro di valore totale dei crediti deteriorati, per i quali si sta svi-luppando un mercato di servicer e master servicer che si occupino del loro smaltimento.